Al grido di «la terra è nostra e non si tocca» centinaia di agricoltori della Valle dell’Esaro, della Sibaritide e del Pollino sono partiti dal presidio permanente dello scalo di Spezzano Albanese diretti a Castrovillari dove hanno invaso, pacificamente, le strade della città. Il corteo che ha creato non pochi disagi ai cittadini e alla circolazione stradale nel corso del suo passaggio si è fermato sotto la sede della Coldiretti di Castrovillari in piazza Giovanni XXIII paralizzando le arterie di entrata e uscita dalla città del Pollino.
«Ci stanno portando finiti, siamo disperati. Non riusciamo più a portare avanti il nostro lavoro e rischiamo di chiudere» hanno dichiarato ai nostri microfoni diversi piccoli produttori che lamentano anche la presenza delle grandi aziende produttive ai presidi e le manifestazioni che si stanno susseguendo in questi giorni. «Preferire morire piuttosto che essere schiavo» recita un cartellone issato sul frontale di un mezzo agricolo, mentre su un’altro trattore che porta una bara in legno uno striscione recita «L’Ue ha ucciso l’agricoltore». Sono stanchi, delusi dalla politica, amareggiati per le scelte in campo agricolo messe in piedi dalla comunità europea e promettono di andare avanti ad oltranza fin quando il Governo non darà risposta alle loro richieste. «Andremo fino a Roma o Bruxelles se necessario» urlano mentre sventolano le bandiere dell’Italia e del movimento agricolo dal quale si sentono oggi rappresentati.
«La nostra fine sarà la vostra fine» è scritto su un altro cartello che richiama anche la volontà di sensibilizzare l’opinione pubblica e i consumatori a condividere le scelte e lotte degli agricoltori. «La comunità europea vuole favorire le multinazionali e farci mangiare porcheria, noi vogliamo difendere il cibo buono e italiano, i consumatori dovrebbero essere con noi a manifestare» dichiarano ancora mentre strombazzano i clacson dei mezzi agricoli e si blocca il traffico che per ora è l’unica forma democratica per far capire che «la misura è colma».
«Non ce la facciamo più» urla ancora un giovane agricoltore «ci stanno portando alla fame. Non possiamo più coltivare la nostra terra se continuiamo cosi». Mentre il corteo si prepara a muoversi verso piazza municipio.