Erano usciti insieme ad una squadra per la caccia al cinghiale, ma la battuta alla ricerca di ungulati terminò in modo tragico, in quanto uno dei componenti dell’uscita morì attinto dai pallettoni di chi era convinto di aver mirato ad un animale. Si è concluso con la condanna per omicidio colposo a carico di Giuseppe Oberto, di Morano Calabro, il processo riguardante l’incidente di caccia nel quale il 7 ottobre del 2017 morì Salvatore Rosito, legato tra l’altro da legami di parentela con il giovane ferito a morte.
Lo ha deciso il Tribunale Penale di Castrovillari nella persona del Giudice, Orvieto Matonti al termine del processo di primo grado a carico di Giovanni Oberto e Giuseppe Oberto, per l’incidente che si registrò in località Gorea. Quel giorno al mattino una squadra di cacciatori si organizzò per operare caccia al cinghiale, i vari componenti della squadra ci posizionarono in modo diverso mentre Giovanni Oberto e Salvatore Rosito, si portarono in contrada Gorea. Dalle ricostruzioni emerse durante il dibattimento malgrado le condizioni avverse di tempo, vi era un fortissimo vento e la ricetrasmittente di Oberto Giuseppe era scarica e vi erano anche difficoltà di collegamento, il capocaccia non sospese l’attività venatoria in atto.
L’incidente avvenne in modo drammatico verso le ore 12.00 quando, malgrado le condizioni ottimali di luce e visibilità, Giuseppe Oberto ritenendo di sparare al cinghiale con un fucile a pallettoni uccise il suo compagno di caccia Salvatore Rosito, che morì sul colpo. L’uomo non ha mai visto nascere sua figlia che venne alla luce tre mesi dopo la sua morte. L’episodio generò grande strazio nella famiglia e in tutta la comunità di Morano Calabro.
Il munizionamento non consentito
Dagli accertamenti è emerso che l’Oberto Giuseppe aveva utilizzato munizionamento non consentito, cioè anziché la cartuccia ad unica palla la cartuccia a palle spezzate, ben nove pallettoni di cui otto hanno raggiunto in pieno il Salvatore Rosito, mentre due hanno colpito le parti vitali.
È emerso con chiarezza che la normativa sulla caccia al cinghiale prescrive che il cacciatore può fare fuoco solo quando vede il cinghiale in modo chiaro e nitido e non può sparare all’infrasco cioè lì dove vede delle foglie muoversi o ha la sensazione che ci possa essere un animale. Il processo ha visto imputato anche il capocaccia colpevole, a cui era stato imputato l’inadempimento dei propri doveri organizzativi anche al fine di evitare possibili incidenti. Si sono costituite nel processo parti civili la vedova di Salvatore Rosito in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sulla figlia Giorgia Rosito, nonché i genitori e la sorella della vittima, difesi dagli Avvocati Roberto e Domenico Laghi.
Dopo una lunga attività di indagine costituita prevalentemente da una perizia autoptica del PM rivolta ad accertare le cause della morte, e particolarmente il numero di pallettoni esplosi e le zone vitali attinte, nonché una perizia balistica espletata dal professor Lopez e a seguito dell’escussione di tantissimi testimoni e cioè dei compagni di caccia, familiari e di consulenti di parte; il Tribunale accogliendo la richiesta del Pm e delle parti civili ha riconosciuto Giuseppe Oberto colpevole del delitto di omicidio colposo condannandolo in solido con gli istituti assicurativi Unipolsai Assicurazioni, Allianz Assicurazione al risarcimento dei danni e ponendo a carico di Giuseppe Oberto e predetti istituti assicurativi una provvisionale immediatamente esecutiva in favore delle parti civili costituite. Ha assolto per insufficienza di prove invece il capocaccia Giovanni Oberto ritenendo evidentemente, non sufficientemente provata la sua responsabilità in ordine alle modalità di organizzazione e vigilanza della battuta di caccia che operano per legge a carico dello stesso.
I difensori di parte civile, Roberto e Domenico Laghi, hanno espresso la loro soddisfazione evidenziando come dal dispositivo risulti la responsabilità piena, esclusiva e completa di Giuseppe Oberto nel comportamento omicidiario e che è stata quindi disattesa l’avversa tesi di compartecipazione della vittima nell’incidente in questione. Il Tribunale di Castrovillari, nella persona del Giudice Matonti si è assegnato giorni novanta per il deposito della motivazione.