Un reportage di oltre 30 minuti che offrirà il punto sulle indagini della Procura e soprattutto con immagini inedite sulla tragedia di Steccato di Cutro. E’ l’anticipazione sullo speciale che andrà in onda stasera su Rai 3 alle ore 21:20 nel programma condotto da Riccardo Iacona “Presa Diretta”. Un racconto per immagini e con le testimonianze dei familiari di alcune vittime raccolte in giro per l’Europa con la precisa volontà di dare un nome e un cognome a chi ha trovato la morte nella pancia di quella imbarcazione disintegratasi a pochi metri dalle coste calabresi.
Uomini e donne – ci racconta in anteprima Giuseppe Laganà, giornalista di Presa Diretta – «che desideravano vivere la propria vita in altri paesi europei, sarebbero stati in Italia solo di passaggio. La stragrande maggioranza di quelle persone doveva entrare in Europa dalla porta principale avendo tutti i diritti per beneficiare della protezione internazionale. Non su una barca di legno abbandonata alla furia delle onde».
La puntata di stasera che chiude l’edizione 2023 del programma di inchiesta e reportage di Rai 3 vuole riparlare di «questa storia paradigmatica, che ha destato molto interesse nella stampa mondiale: la tragedia del naufragio di Steccato di Cutro. Abbiamo voluto affrontare la vicenda seguendola fin dalle prime ore, ricostruendo il fatto con testimonianze inedite e soprattutto abbiamo cercato in questa storia una cosa che spesso viene dimenticata: l’umanità. Fin dalle prime ore della tragedia, con Riccardo Iacona, abbiamo voluto provare a riempire di nomi e cognomi la pancia del caicco. Chi erano le persone su quella barca? Che sogni avevano? Dove erano diretti?».
Una tragedia che ha bussato alla nostra porta
Il programma ha in questo anno lungamente trattato, in varie puntate, il tema dell’immigrazione, nei sui suoi vari aspetti, umanitari, economici, geopolitici, di sicurezza. Papa Francesco, già due anni fa, ha definito il Mar Mediterraneo come il più grande cimitero d’Europa. «Quindi – aggiunge Laganà – sembra che parole come soccorso, accoglienza, diritti e doveri, leggi del mare, umanità, siano concetti troppo difficili da insegnare e quindi da apprendere da parte soprattutto dei decisori politici italiani ed europei. Ma questa tragedia ha davvero bussato vicino alle nostre porte di casa. Sono morti a poche decine di metri dalla riva. Le loro urla sono entrate dentro le nostre finestre. Hanno scosso i nostri cuori e le nostre certezze. La solidarietà calabrese che si è stretta fin dai primissimi istanti intorno ai superstiti e ai familiari delle vittime lascia aperta la porta della speranza. Come ci racconta nel nostro reportage l’ex Ammiraglio della Guardia Costiera Vittorio Alessandro, in mare si soccorre sempre, e il soccorso può anche essere ridondante, ha diritto ad esserlo. E’ a terra che si può e si deve pensare al resto. La politica deve fermarsi a riva, in mare non deve entrare».
Un fenomeno che rischia di alimentarsi
«Io sono convinto che il problema degli sbarchi sulle nostre coste non possa essere risolto con slogan politici. Con il populismo. Le attuali condizioni geopolitiche e climatiche non possono far altro che alimentare il fenomeno. Quindi l’intelligenza politica deve essere quella di creare le condizioni per l’integrazione e la valorizzazione delle risorse umane che arriveranno comunque in Europa, si voglia o meno. E parallelamente rafforzare la nostra capacità di essere interlocutori credibili per gli Stati da cui partono. Oggi invece prevale una visione di polizia, il contrasto all’immigrazione clandestina ha la meglio sul soccorso in mare. Eppure, il grande vanto della nostra Guardia Costiera ad esempio è, e rimane, il salvataggio di vite umane in mare. Per questo è conosciuta come corpo, per questo i suoi uomini sono stati formati. E il “suo” vanto deve tornare ad essere il nostro vanto, il vanto del nostro Paese».