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DETENUTA INGIUSTAMENTE

«Non chiamatela scafista»: domani a Crotone il presidio per la liberazione di Maysoon Majidi

La donna oppositrice del regime in Iran in Italia è detenuta nel carcere "Rosetta Sisca" di Castrovillari con l'accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina

Ritorna in piazza il comitato che si batte per la liberazione di Maysoon Majidi, l’attivista, attrice e regista curdo-iraniana che la Procura di Crotone accusa di favoreggiamento dell’immigrazione. Detenuta nel carcere “Rosetta Sisca” di Castrovillari dopo il suo sbarco in Italia avvenuto il 31 dicembre del 2023, la ventisettenne domani dovrà affrontare a Crotone la seconda udienza del processo che la vede imputata come presunta scafista. In realtà la sua storia personale dice tutt’altro: la donna era sull’imbarcazione che è arrivata sulle coste calabresi perchè in fuga dall’Iran per il timore di essere fermata dalla polizia morale poiché coinvolta nelle proteste contro il regime degli Ayatollah dopo l’uccisione di Mahsa Amini.

Nel mese di febbraio l’attivista detenuta ingiustamente aveva ricevuto la visita della deputata del Pd e presidente del comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, Laura Boldrini. Mentre gli attivisti che si battono per la sua liberazione aveva manifestato sotto le mura della casa circondariale di Castrovillari in occasione della prima udienza del processo che la vede accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, lo scorso 26 marzo. Presidio che ripeteranno a Crotone nella giornata di domani per tenere alta l’attenzione su questo errore giudiziario.

«Il caso di Maysoon non è l’unico – spiegano gli attivisti del comitato Free Maysoon – In Calabria c’è un’altra donna, Marjan Jamali, reclusa dal 27 ottobre 2023 in un altro carcere, quello di Reggio, con la stessa accusa e ci sono anche due minorenni, ‘scafisti’, nel carcere minorile di Catanzaro, il kazako Mukamadi Mukammad e l’egiziano Hamdi Ebebawi. È noto che chi intasca i soldi, decine di migliaia di euro per questi viaggi, non parte, non corre il rischio di morire in mare, resta in Libia, o da qualche altra parte, ad organizzare comodamente i suoi traffici; mentre è chi si trova a corto di soldi che, pur di intraprendere quel viaggio per approdare ad una vita migliore, potrebbe accettare di mettersi al timone. Non si tratta di spietati traghettatori che lucrano sulla pelle di persone in fuga, al contrario di vittime di un sistema che produce profughi, viaggi a rischio, morti»

«L’ingiusta reclusione di Maysoon è un caso paradigmatico – aggiungono – per comprendere meglio anche l’insensatezza e la pericolosità del Decreto Cutro, nato dopo la tragica morte, in Calabria, di 94 migranti, lasciati in balia delle onde, senza rispondere alle richieste di soccorso, tanto che la Procura di Crotone, nei mesi scorsi, ha iscritto nel registro degli indagati tre ufficiali della guardia di finanza per mancato soccorso. Dopo questa tragedia, il governo Meloni riunisce proprio a Cutro il Consiglio dei Ministri e da lì fa passare il famoso decreto Cutro, che sancisce l’ennesima riduzione dei diritti umani e spiana la strada alla carcerazione facile ed ingiusta».

 

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