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La lunga storia del vino in Calabria protagonista del Vinitaly 2024

Regione Calabria e parchi archeologici di Sibari e Crotone in sinergia per recuperare i fasti del passato e creare un nuovo modello di sviluppo a base culturale

La lunga storia d’amore tra il vino e la Calabria è stata raccontata al Vinitaly, nel padiglione 12, anche attraverso l’archeologia. “Dove tutto è cominciato” – questo il claim ideato dalla Gagliardi Associati per il racconto dell’esperienza vitivinicola regionale per l’evento fieristico veronese 2024 – ha voluto sottolineare come la Calabria del vino sta arricchendo con vigore e consapevolezza l’eredità del passato. Ha riscoperto l’orgoglio della propria identità, ha messo a dimora un ritrovato amore per le sue origini con slancio contemporaneo.

Sensibilità e visioni sono in fermento anche grazie alla forte impronta culturale offerta dalla sinergia tra la Regione Calabria e la direzione dei musei di Sibari e Crotone che hanno permesso di portare a Verona delle riproduzioni di reperti provenienti dal Museo archeologico Nazionale di Sibari e collegati alla plurimillenaria storia del vino in quella che oggi è la Calabria.

Nell’area centrale del padiglione 12 della Regione Calabria è stato possibile osservare la riproduzione delle Coppe da vino (Broglio di Trebisacce 1200-1100 a.C.), l’anfora da trasporto di tipo Miceneo (Broglio di Trebisacce 1200.1100 a.C.),  l’anfora da trasporto di tipo Corinzio (Francavilla Marittima 450-400 a.C.), il cratere a campana a figure rosse con decorazione sovradipinta (350-300 a.C.), la ccppa da vino (Kylix) del Gruppo del cigno rosso (350-300 a.C.) i cui originali sono custoditi  presso Museo archeologico Nazionale della Sibaritide.

Dove tutto è cominciato

Mai claim fu più azzeccato per sottolineare la forte identità della Calabria come terra del vino per eccellenza. «La vinificazione ed il consumo di vino, infatti, – ha spiegato il direttore del museo di Sibari, Filippo Demma protagonista a Verona della giornata di apertura insieme al presidente Occhiuto e l’assessore Gallo – approdano nel Mediterraneo occidentale, provenendo da Oriente, nella tarda età del bronzo (circa 3.400 anni fa). Sono probabilmente i greci ed i fenici a portare sulle proprie navi il nettare degli dei, ma anche le tecniche per la sua produzione, come testimoniano una serie di reperti tra cui le anfore micenee rinvenute in buon numero nell’alto Jonio cosentino. Importate dalla Grecia o prodotte localmente da artigiani emigrati, esse sono associate al vino e costituiscono le più antiche testimonianze del suo consumo nella penisola Italica».

L’esemplare esposto in copia al Vinitaly nello stand Calabria proviene proprio dall’area di Sibari, dove furono rinvenute in antiche capanne diverse serie di vasi fatti per contenere, versare e bere vino, come le coppe in argilla grigiastra che si possono ammirare sempre esposte in copia nello stand, che si datano a circa 3.200 anni fa. «Ma il fortissimo legame fra il vino e la terra che oggi chiamiamo Calabria – spiega il direttore del Parco archeologico di Sibari, Filippo Demma – è testimoniato dal nome stesso che gli antichi Greci in età storica attribuirono a gran parte di questa regione: Enotria, dal greco oinos – che significa appunto vino – o da “Oinotron” che è il palo secco della vigna».

Dopo la fase pionieristica dell’età del Bronzo, infatti furono ancora i greci, attraverso le colonie in occidente, a diffondere capillarmente la produzione, il consumo e la cultura del vino in Italia. Nelle colonie greche come Sibari e Crotone – fondata intorno al 720 a.C. – o Thurii, che visse a partire dal 444 a.C., il vino veniva prodotto, consumato, ma anche importato, come testimoniano migliaia di anfore da trasporto provenienti dal mediterraneo orientale, come quella corinzia esposta in copia al Vinitaly e rinvenuta nella Sibaritide. Particolarmente famoso il vino di Sibari, dove la produzione era così abbondante che, pare, a un certo punto il vino prodotto in vigna venisse trasportato in città ed al porto direttamente tramite condutture in terracotta. Dei veri e propri “enodotti”.

«Perché è importante il recupero di questa tradizione», si chiede Demma? «Oltre che per ragioni storiche – spiega il direttore del Parco archeologico sibarita – soprattutto perché nel nostro passato si possono trovare le radici di un nuovo sviluppo locale su base culturale che parta dalla Sibaritide e dal Crotonese coinvolgendo la Calabria e i territori che componevano la Magna Graecia». Il tema, e le prospettive future ad esso collegate, sono state oggetto di un ampio confronto svoltosi proprio al Vinitaly, presenti e protagonisti, insieme a Demma, il Presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, e l’Assessore regionale all’Agricoltura, Gianluca Gallo: «Come i documenti archeologici attestano – sottolinea Gallo – la nostra terra ha sempre occupato una posizione di preminenza nello scenario vitivinicolo nel cuore del Mediterraneo, in termini commerciali e di progresso tecnologico».

«Sensibilità e visione sono in fermento: nel solco degli intendimenti programmatici confermati anche a Verona dal Presidente Occhiuto, possiamo parlare di una nuova era in divenire basata sulle eccellenze vitivinicole calabresi – ha concluso Gallo –  È l’obiettivo che perseguiremo attraverso specifiche iniziative, già nei mesi a venire, d’intesa con il Parco archeologico di Sibari e Crotone».

 

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