Venerdì 1 dicembre nella Chiesa di San Carlo a Modena, l’associazione castrovillarese “Menodiunterzo” porterà in scena “Up, il meccanico dei sogni” di Francesco Gallo, lo spettacolo dedicato ad Umberto Panini, icona del genio imprenditoriale e creatore di sogni. L’iniziativa, fortemente voluto dalla famiglia Panini, ricade nel decennale della scomparsa di Umberto, e sarà ad ingresso libero fino ad esaurimento dei posti. Oltre alla serale ci sarà anche una replica mattutina il 2 dicembre per gli studenti dell’ IIS “Adolfo Venturi” di Modena, scuola che vide Umberto fra i suoi banchi come studente.
A raccontare con grande intensità questa straordinaria storia saranno Rosanna Guaragna, Francesca Vico e Francesco Gallo. «È un testo che nasce dalla mia esperienza di vita a Modena – dice l’autore e regista – dove ho avuto la fortuna di vivere a pochi metri dalla sede della Panini. Quell’indirizzo è stato per molti della mia generazione un luogo speciale perché si scriveva alla Panini quando mancavano poche figurine per completare l’album, quando, finiti i giochi e gli scambi con gli amici, non rimanevano che quattro o cinque giocatori da incollare».
La drammaturgia, oltre ad essere un omaggio alla città della Ghirlandina e a Giovanna Malagoli, dipendente Panini e testimone della storia, offre l’opportunità di attraversare buona parte della storia del Novecento, segnata dalla guerra e dall’emigrazione prima, dalla ricostruzione e dal boom economico dopo. L’Italia generosa e coraggiosa della seconda metà del Novecento era un Paese che non aveva paura di sognare. Un popolo ricco di grandi figure, e anche di magnifiche figurine. Attraverso piccoli rettangoli di carta, la famiglia Panini contribuì a diffondere l’ottimismo nel Paese del Boom. Quattro fratelli e quattro sorelle, nati in povertà, seppero immaginare il futuro, partendo da una piccola edicola.
E dalle loro intuizioni, passando da buste di semplici francobolli alle bustine di calciatori e non solo, è nato un mito globale. Il celo, celo manca diventa nella narrazione di questa vicenda esemplare un modo per fare i conti con quello che abbiamo e quello che, invece, ormai sembra essere perduto irrimediabilmente. «Ogni cosa che ha pensato, inventato e costruito nostro padre l’ha fatta perché voleva vederla funzionare per gli altri – sottolineano i figli di Umberto – La scuola della miseria, della strada, della famiglia sono state decisive per avere la consapevolezza di accettare, sfidare e di aggiustare tutto. Anzi forse è giusto dire risolvere con soluzioni da fabbro di campagna e cioè con una semplice “smartleda”. Ci ha insegnato che non ci sono problemi da risolvere ma attrezzi da usare. E quando i problemi finiscono, bisogna trovarne altri con cui mettersi in gioco ancora una volta. L’importante è non fermarsi mai, ma dire sempre “andàm”! Nella sua vita ha fatto di tutto, ha aggiustato di tutto e siamo sicuri che sarebbe stato in grado di aggiustare anche i sogni di tutti perché lui alla fine era… un meccanico dei sogni».