Intensa e piena di emozioni la prima giornata della seconda edizione del Festival della Legalità, ideato dal comune di Castrovillari. Dopo gli incontri della mattina nelle scuole la serata ha visto il confronto, moderato dal giornalista Francesco Mannarino, con il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, e il vescovo della Diocesi di Cassano e vice presidente della Cei, monsignor Francesco Savino.
E’ stato il sindaco, Domenico Lo Polito ad introdurre l’evento conslusivo della prima giornata, preceduto dalla toccante intitolazione della strada al giudice e martire Rosario Livatino, sottolineato anche dal vescovo Savino che ha ringraziato l’amministrazione per aver «creduto in questo festival perché oggi è il tempo in cui dobbiamo seminare». Proprio il presule della chiesa cassanese ha ribadito come le i poteri forti e le mafie vogliano tutti «ignoranti, analfabeti» e per questo il ruolo importante anche di Libera è necessario per una società che vuole e deve essere aiutata a «capire il fenomeno mafioso».
Il vescovo ha ribadito che non c’è più spazio per l’indifferenza e la rassegnazione ma «è venuta l’ora di fare una rivoluzione non violenta, ma il popolo si senta chiamato alla responsabilità».
La speranza non è un reato
E’ stato poi don Luigi Ciotti ad appassionare la platea dei presenti soprattutto per il concetto «del noi» che ha ribadito nella sua esperienza. «Sono molto preoccupato – ha detto – della legalità, bandiera che tutti sventolano. La più bella espressione della legalità è quella data dalla Cei che ha affermato che è una esigenza fondamentale della vita sociale per promuovere lo sviluppo della vita umana. Le regole devono essere uguali per tutti. Non c’è legalità senza uguaglianza. Finchè non ci sarà una presa di coscienza collettiva di questa peste non si riuscirà ad estinguere alla radice questo male. La risposta a tutto questo è una sfida culturale e sociale. In Italia a fare la differenza è l’indifferenza».
E se la sfida sembra difficile bisogna sperare. «La speranza non è un reato» ha aggiunto il fondatore di Libera. Nella Calabria martoriata da mille problemi i «giovani trovino le condizioni per vivere e lavorare qui, senza dovere andare lontano». Da qui bisogna ripartire anche con la necessità di «fare battaglie culturali e sociali per estinguere la mafia».