«L’identità culturale e linguistica arbëresh è una parte preziosa dell’identità e della cultura albanese. Pertanto la sua conservazione è vitale per tutta la nostra nazione. La festa delle vallje oggi nei comuni arbëreshë di Civita e di Frascineto è una testimonianza della conservazione di queste tradizioni che si sono tramandate nei secoli». Così il presidente del Kosovo Vjosa Osmani ha commentato a Civita la sua visita istituzionale in occasione delle vallje, accompagnata dall’ambasciatrice della Repubblica del Kossovo in Italia Lendita Haxhitasim.
Ad accoglierla nella piazza del comune oltre ad un folto e festante pubblico, c’erano il sindaco della comunità Alessandro Tocci, il sindaco di Acquaformosa, Gennaro Capparelli, il Vicepresidente della Provincia di Cosenza, Giancarlo Lamensa ed il Presidente facente funzioni del Parco Nazionale del Pollino, Valentina Viola.insieme ai gruppi arbëreshë provenienti dalla provincia di Cosenza, Catanzaro e dalla Basilicata ai quali si sono uniti due gruppi Kossovari provenienti da Ginevra e dalla scuola Ernest Koliqi di Tirana, oltre alla pianista Ermira Lefort.
L’evento delle vallje ricorda l’eroe Giorgio Castriota Skanderbeg, che guidò il suo popolo in terra di Calabria. Secondo la tradizione, questa festa è la commemorazione di un avvenimento storico molto importante per la storia degli arbëreshë: la vittoria riportata da Giorgio Castriota Skanderbeg, il quale, alla guida di un piccolo esercito, sconfisse le armate turche guidate dal rinnegato Balabano, salvando la cittadella di Kruja il 24 aprile 1467 che secondo il calendario Giuliano in vigore in quel tempo era proprio il martedì dopo Pasqua.
Una ballata questa tramandata di generazione in generazione di canto in canto, che oggi è diventata un’ accattivante e avvolgente suggestione fonetica, cantata e ballata oggi al ritmo di strumenti quali fisarmoniche e organetti ,un tempo solo con l’ausilio della voce. La regola vuole infatti che la Vallja con il suo incedere, imprigioni al suo interno delle persone rappresentate nel presente da forestieri e fatte prigioniere, le quali per essere liberate devono pagare il simbolico riscatto, che consiste nell’offrire da bere e da mangiare per poi essere ringraziate con il canto.